Vedeva l'orizzonte da lontano, quella sera di maggio, un po' afosa e satura di profumo di viole. Le sue mani erano invecchiate come le rughe sulla fronte che poteva notare sul volto di sua moglie. Non si domandava più il perché, dopo molti anni, lei non lo avvicinasse più come un tempo. Il desiderio era svanito. La loro voglia di unirsi ancora in un gesto d'amore, era ormai cosa passata, come l'albero di cachi che non dava più nessun frutto; come tutte le coppie che arrivano al traguardo della loro vita, andata a male per una leggerezza.Paola se ne stava sulla sedia a dondolo, fuori la terrazza. Giacomo decise di preparare una tisana e infilarsi nel letto della stanza da letto del figlio, partito per Calcutta un paio di anni prima. Non avevano ricevuto alcuna notizia da quando si seppe che lui aveva deciso di non fare più ritorno. Era un bravo ingegnere, e la sua insofferenza per questa vita, da perfetti occidentali, lo aveva portato ad emigrare dove, forse, il bene e il male si distingueva meglio che non nella casa di famiglia. Un alcova di vecchi e stanchi sentimenti ammuffiti, e recite di adolescenti traditi da una sera passata con un'altra donna più giovane e attraente, ma, per questo, innocente e non sicuramente frivola e coinvolgente.Giacomo. Uomo come molti.Paola. Donna capace a sopportare anche il più infedele tra gli sposi, non spendeva parole se non il necessario. La sua proverbiale tolleranza stava portando tristezza dove prima vi era allegria e saggezza. Nessuno dei due aveva capito che era meglio lasciare che la vita scorresse nella sua naturalezza, senza forzature, senza grosse discussioni caparbie su tradimenti che si erano rivelati sciocche supposizioni in malafede. Assurde pretese irragionevoli di volontà non vere. La loro unione, d'altronde, era stata voluta dalle paure di rimanere soli. E a quarant'anni passati era già stato un azzardo il loro matrimonio.
mercoledì 18 maggio 2016
Oltre oceano
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